di Riccardo Cascioli
Negli ultimi giorni sono
accaduti diversi avvenimenti che per un cattolico non possono non suscitare
alcune domande.
Partiamo dal primo e più recente: la morte di don Andrea
Gallo. Personaggio che non ha bisogno di
presentazioni, tutti sanno che la sua opera di accoglienza di poveri ed
emarginati a Genova si accompagnava a continue provocazioni contro la Chiesa:
dalla confessione di aver accompagnato delle prostitute ad abortire, al “Bella
Ciao” cantata alla messa nel giorno dell’Immacolata, fino all’auspicio di
vedere presto un Papa gay. Ha anche avuto per anni la possibilità di esternare
la sua “visione” di Chiesa nei salotti televisivi, che frequentava con una
certa assiduità e che lo hanno reso un personaggio famoso, senza peraltro che
nessuno degli arcivescovi suoi superiori avesse mai da obiettare alcunché.
Tralascio quanto avvenuto al funerale, che è perfettamente in linea con il
personaggio e non meriterebbe neanche un commento, perché in fondo non credo
che in tutta questa vicenda il problema più grosso sia quello che don Gallo era
e faceva.
Personalmente ho apprezzato molto il venire a sapere che il
cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di
Genova, andava a visitare di tanto in tanto don Gallo mantenendo con lui un
rapporto umano e spirituale, tenendo sempre aperta la porta al dialogo, pur in
un serrato confronto, come pare di capire dalle parole dello stesso Bagnasco.
E’ una bella immagine, che mostra come la Chiesa non abbia nulla a che vedere
con le ideologie e sia davvero maestra di umanità nella pratica, non nella
teoria.
Però, e qui sta il punto, una tale premura pastorale sarebbe
dovuta anche al resto del popolo di Dio, verso
cui il primo compito sarebbe quello di indicare con chiarezza la Verità, la
strada giusta. Perché la misericordia senza verità si chiama complicità. E
invece alla morte di don Gallo abbiamo letto comunicati – e ascoltato l’omelia
al funerale – in cui si celebra il prete “di strada” come un esempio più che
positivo di sacerdozio vissuto, come se aprire la casa a poveri, trans e
prostitute bastasse in sé per essere santi. In altre parole, a sentire il
cardinale Bagnasco e il cardinale Tarcisio Bertone, predecessore di Bagnasco a
Genova e attuale segretario di Stato vaticano, si fa fatica a cogliere una
differenza tra Madre Teresa di Calcutta e don Gallo, o anche tra quest’ultimo e
don Oreste Benzi. Eppure una differenza c’è: anche don Benzi accoglieva le
prostitute e apriva la casa agli ultimi, anche madre Teresa raccoglieva per
strada gli scarti della società (e non c’è neanche paragone tra Calcutta e
Genova), ma il desiderio, la missione era quella di elevare tutti a Dio, non di
abbassare Dio alla misura dell’uomo. Per questo madre Teresa e don Benzi, tanto
per fare un esempio, non avrebbero mai accompagnato una povera ragazza ad
abortire: erano convinti che l’aborto fosse il peggior crimine che si potesse
commettere.
Un peccatore, consapevole di esserlo, ha bisogno di un Dio
misericordioso non di un Dio complice: abbiamo
bisogno di un Dio che è più grande di ogni peccato possiamo commettere, e ci
dice “Và, sei perdonato, non peccare più, un’altra vita è possibile”. A cosa ci
può servire un Dio che ci dice “Ma sì, non fa niente, continua così che ti voglio
bene lo stesso”?
Ecco, da un vescovo mi aspetterei che ricordasse questa
differenza, che aiutasse a discernere, pur nel
rispetto dovuto ad ogni persona e perciò anche a don Gallo. Il silenzio,
addirittura la benedizione di un certo cammino, portano solo confusione e altre
persone che si metteranno sulla strada sbagliata.
Ma veniamo a un secondo fatto, di natura completamente
diversa: Festival di Cannes, vince il film “La
vie d’Adelie”, che nei giorni della proiezione ha fatto parlare di sé
soprattutto per la lunga e dettagliata scena lesbo delle due protagoniste. Non
ho visto il film ma non ho dubbi sul fatto che sia fatto bene e bene
interpretato - a volte anche i film porno si dice che lo siano - però ascoltare
Radio Vaticana esaltare anche il contenuto del film lascia di stucco. Ecco cosa
ha detto il corrispondente da Cannes: “Adèle legge Marivaux e s’interroga
sull’amore. Sente il bisogno di un sentimento forte che abiti il suo corpo, ma
non ancora l’attrazione fatale, l’affinità che la leghi a un altro essere
umano. Nel frattempo prova - prova gli altri e si mette alla prova - forse
capisce che può trovare nella sessualità femminile ciò che cerca. Poi l’amore
arriva attraverso uno sguardo, un piacere condiviso, un vago desiderio di
vivere l’altra persona in profondità”.
Insomma, per Radio Vaticana – che si autodefinisce “la voce
del Papa e della Chiesa” – non c’è assolutamente
alcun problema, nulla di strano nel fatto che una ragazza si apra all’amore con
un’altra ragazza: eterosessuale o omosessuale non fa alcuna differenza,
l’importante è l’amore, l’importante è provare. Sicuramente un bel messaggio
per gli adolescenti: se anche la radio del Papa si piega all’ideologia
omosessualista, cos’altro dobbiamo aspettarci?
Prosegue Radio Vaticana, affermando che il film è
“interpretato da due attrici formidabili (Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos), messo in scena con una fluidità che
non fa avvertire lo scorrere del tempo, ricco di scene indimenticabili di
esplosione dei sentimenti”.
Esplosione di sentimenti?
Ecco come la spiega il quotidiano Repubblica: «Lunghissime scene esplicite tra
le attrici Lea Seydoux e Adele Excharchopoulous che si amano con estrema
varietà, voracità, fantasia di posizioni, quantità di orgasmi. Momenti che
"sono necessari a raccontare l'incantamento del loro rapporto", dice
il regista».
Non è un problema di moralismo, ma di giudizio: un frutto avvelenato può essere presentato benissimo, nel modo
più accattivante possibile, ma resta sempre un frutto avvelenato. E questo va
detto con chiarezza, ma ormai il giudizio sembra essere merce rara, anche lì
dove ci si aspetterebbe di trovare l’ultimo appiglio, l’ultima resistenza alla
mentalità mondana.
Ed eccoci all’ultimo fatto: assemblea generale dei vescovi
italiani, aperta lunedì scorso dalla prolusione
del presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), cardinale Bagnasco.
Come sempre, tanti i temi toccati, ma su tutti fanno notizia due messaggi che
partono chiari: guai a chi minaccia il governo di larghe intese (l’Italia ha bisogno
di stabilità politica) e preoccupazione per la disoccupazione (il lavoro è la
prima emergenza del paese). Per carità, nulla da dire su questi argomenti: del
resto, chi prenderebbe la parola per sostenere la necessità di aumentare la
disoccupazione? Perciò, plauso generale.
Solo che a noi era sembrato che ultimamente ci fosse qualche
altro problemino per cui magari i cattolici
dovessero preoccuparsi: ad esempio, su La Nuova BQ abbiamo parlato nei
giorni scorsi della Strategia nazionale per la prevenzione dell’omofobia varata dal Dipartimento delle Pari Opportunità, un documento
agghiacciante che vedrà presto luoghi di lavoro e, soprattutto, scuole trasformate in “campi di rieducazione” gestiti da
gay e trans per convincere che maschio e femmina
non esistono, esiste solo quello che in quel momento immaginiamo di essere. E’
l’ideologia di genere, quella che Benedetto XVI aveva pochi mesi fa definito
come una delle più gravi sfide che la Chiesa ha davanti, perché è un attacco
diretto al piano di Dio, alla Creazione. Cos’altro dovrebbe starci a cuore più
di questo? Ma per la Cei non pare un problema, tanto che anche il quotidiano
dei vescovi – pur avendo avuto quel documento in mano prima che fosse reso
pubblico – ha deliberatamente scelto di non parlarne. Avranno senz’altro delle
buone ragioni, ma che almeno ce le spieghino, così ci tranquillizziamo pure noi.
Nel frattempo, l’attacco laicista è partito frontale anche
sulla libertà di educazione: a Bologna proprio
ieri si è svolto il referendum promosso da chi vorrebbe togliere i fondi
comunali alle scuole paritarie. Affluenza bassa, ma i promotori hanno vinto:
conseguenze pratiche immediate nessuna, il referendum era consultivo e il
sindaco (democratico) non ne vuole sapere, ma dal punto di vista politico e
sociale le conseguenze saranno pesantissime. Si può scommettere su un’ondata di
iniziative di questo genere in tutta Italia, che metterà in difficoltà sì le
scuole cattoliche ma con queste anche la possibilità delle famiglie di
scegliere liberamente la scuola per i propri figli.
Eppure anche di questo nessuna traccia nella prolusione: è
vero, il cardinale Bagnasco aveva preso
chiaramente posizione su questo tema lo scorso 3 maggio parlando a un convegno
sulla scuola, ma è curioso che tale questione – vitale anche per l’economia del
paese – non abbia trovato spazio tra le preoccupazioni dei vescovi nella loro
assemblea. E sì che la libertà di educazione è uno dei princìpi non negoziabili.
Né sembra aver lasciato ferite l’atto sacrilego compiuto il
1° maggio davanti alla cattedrale del Papa, San
Giovanni in Laterano, nel corso del Concertone organizzato dai sindacati (anche
quello “cattolico”, la Cisl, il cui segretario Raffaele Bonanni ha addirittura
accusato di strumentalizzazione chi ha protestato per quella bestemmia
pubblica). Nessun cenno dunque, sebbene i gesti vandalici contro i simboli
cristiani siano in preoccupante aumento. Ciò che conta, per il futuro dell’Italia,
sembra sia il lavoro e il governo stabile (a prescindere da quello che fa).
E’ evidente a questo punto che qualcosa mi sfugge, sicuramente
sono io a non capire qualcosa e sarò grato a
quanti volessero colmare questa lacuna. Però, lo stesso mi scappa un po’ da
ridere a vedere quanto si agitano questi laiconi che ce l’hanno con la Chiesa,
si preoccupano di promuovere leggi per tapparle la bocca, evitano che politici
cattolici vadano in posti “sensibili”. Che spreco di energie, compagni: non
vedete che si sono già silenziati da soli?
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