Relazione introduttiva
al Convegno di presentazione del Quarto Rapporto sulla Dottrina sociale della
Chiesa. Roma.
di S. E. Mons. Giampaolo Crepaldi
Ci ritroviamo per la presentazione dell’annuale Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa
nel mondo che l’Osservatorio Cardinale
Van Thuân ha curato insieme ad altri cinque Istituti di ricerca
internazionali. Rispetto all’edizione dell’anno scorso, presentata nell’aula
Paolo VI dell’Università Lateranense, si è aggiunta alla squadra l’Area di
ricerca in Dottrina sociale della Chiesa
della Pontificia Università Lateranense. Era stato lo stesso Magnifico Rettore
della Lateranense, S. E. Mons. Enrico Dal Covolo, a caldeggiare l’anno scorso
questa collaborazione.
Vorrei ringraziare il Presidente del Movimento Cristiano
Lavoratori, Carlo Costalli, per la collaborazione tra l’MCL e il nostro
Osservatorio, di cui questo incontro di oggi è solo un elemento, anche se tra i
più significativi. Grazie ad Andrea Tornielli, un giornalista attento alle cose
del nostro Osservatorio. Un
ringraziamento particolare all’Onorevole Eugenia Roccella, della quale è noto
l’impegno a livello politico e legislativo a difesa della dignità della persona
nelle tante situazioni drammatiche, ormai purtroppo frequenti, in cui essa è
minacciata dall’ “ideologia del desiderio”
Come sapete, il Rapporto
non analizza un singolo tema, ma fa una rassegna dei fatti e delle tendenze più
significative nell’anno di riferimento - per questo Quarto Rapporto si tratta del 2011 - nei cinque continenti. Esso
analizza anche la scena internazionale e l’attività della Santa Sede, nonché il
Magistero del Santo Padre. Pur costruendo un affresco complesso e pur toccando
varie tematiche nel campo della giustizia e della pace, il Rapporto si concentra su una tendenza che caratterizza l’anno in
esame. Non fa solo una rassegna o una cronaca, ma tenta un discernimento,
segnalando il fenomeno più importante, nel bene e nel male. Potremmo dire che
indica una emergenza. Ebbene, questo Quarto
Rapporto ha individuato questa emergenza nella “Colonizzazione della natura
umana”, il cui processo viene documentato ampiamente con fatti e nomi.
Nel 2011, anno di riferimento del Rapporto, il caso che a livello mondiale ha fatto più scalpore è
stato quello dell’Argentina. Il Rapporto
lo documenta nel dettaglio in quanto uno dei Centri di ricerca che hanno
collaborato con l’Osservatorio per la
stesura del Rapporto è il CIES di
Buenos Aires. Nel giro di un solo anno - il 2011 appunto - quel grande Paese di
tradizione cattolica ha avuto una legge sulla procreazione artificiale che ha
denaturalizzato la procreazione, una legge sul riconoscimento sulla “identità
di genere” che ha denaturalizzato la famiglia e una modifica del Codice civile
per permettere l’”utero in affitto” che ha denaturalizzato la genitorialità e
la filiazione. Nel giro di un solo anno è stata rivoluzionata la base
dell’intera società argentina, è stata messa da parte la nozione di “natura
umana” ed è stata violentemente posta in angolo l’ispirazione della fede
cattolica per la costruzione della società. Nel mio recente incontro con il
Santo Padre papa Francesco, per la visita ad
limina, gli ho portato una copia del Rapporto
dicendogli appunto che esso si occupa molto dell’Argentina. Era molto
interessato.
Perché abbiamo chiamato questo processo con il termine di
“colonizzazione” - colonizzazione della natura umana - ? Perché l’ideologia che
provoca questa colonizzazione è occidentale. E’ espressione di una cultura
nichilista che intende ormai superare completamente il concetto di natura
umana. Ed infatti è proprio qui, in Europa, che il congedo dalla natura umana
sta ottenendo i risultati più inquietanti. L’Europa che diffondeva il
cristianesimo e, con esso, la tutela della natura umana creata da Dio, ora
esporta il superamento della natura umana verso una identità da costruirsi
liberamente: maschio o femmina, madre o padre, moglie o marito… non si è, si
diventa.
Non intendo ora entrare nel merito di questo argomento centrale del Rapporto, su cui interverranno il dottor
Tornielli e l’onorevole Roccella. Vorrei piuttosto dedicarmi ad affrontare una
premessa.
Perché la Chiesa, perché la Dottrina sociale della Chiesa,
perché il nostro Osservatorio … si
occupano di queste cose? Perché si interessano di sessualità e procreazione, di
famiglia e genitorialità, di omosessualità e di eterosessualità, di coppie di
fatto e di matrimonio? E’ a questa domanda che vorrei rispondere. Si tratta
infatti della domanda principale, dalla cui risposta dipende il senso stesso di
questo Rapporto e di questo incontro di oggi. Parlando di queste cose siamo noi
al nostro posto? Facciamo ciò che dobbiamo fare o invadiamo campi altrui -
fossero anche i campi della libertà individuale e della laicità delle leggi?
Il 22 dicembre 2008 Benedetto XVI parlò di ideologia del
gender nel Discorso alla curia romana per la presentazione degli auguri
natalizi.: «Poiché la fede nel Creatore è una parte essenziale del Credo
cristiano, la Chiesa non può e non deve limitarsi a trasmettere ai suoi
fedeli soltanto il messaggio della salvezza. Essa ha una responsabilità per il
creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo
deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione
appartenenti a tutti. Deve proteggere anche l’uomo contro la distruzione di se
stesso. È necessario che ci sia qualcosa come una ecologia dell’uomo, intesa
nel senso giusto. Non è una metafisica superata, se la Chiesa parla della
natura dell’essere umano come uomo e donna e chiede che quest’ordine della
creazione venga rispettato»).
Quando la Dottrina sociale della Chiesa e il nostro Osservatorio se ne interessano, lo fanno per fedeltà al proprio
mandato.
Facciamo però un passo in avanti nel nostro ragionamento. In
una società cristiana in cui la fede fosse ampiamente, anche se non
completamente, diffusa il riferimento al Creatore troverebbe accoglienza. Ma la
nostra società non è più così ormai da molto tempo. I non credenti o i
“diversamente credenti”, come con espressione curiosa spesso si dice, non
accetterebbero un discorso fondato sul Creatore. Benedetto XVI, però, e papa
Francesco nei suoi interventi sulla “custodia del creato”, non parlano solo
della fede nel Creatore, ma anche dell’”ordine” e del “linguaggio” del creato,
e questo può essere appreso anche dal non credente. Quello che chiamiamo natura
– e soprattutto quello che chiamiamo natura umana - è un discorso rivolto a
noi, è una lingua, in quanto esprime un ordine tendente ad un fine.
Certo, se la natura è vista solo come un insieme di fenomeni
materiali guidati dal caso o dalle necessità allora rimane muta nei nostri
confronti: non ci dice nulla su di noi e sulla nostra vita. Essere maschio o
femmina allora non è una parola che ci precede ma un nostro desiderio. Se nella
nostra struttura sessuata non c’è un messaggio che ci dice come vivere da
persone umane, allora la genitalità diventa un fatto esclusivamente tecnico. Si
contesta la Chiesa di ridurre il maschio e la femmina all’aspetto genitale,
mentre è proprio spogliando la identità sessuata della capacità di darci un
codice di vita che si riduce l’uomo e la donna alla genitalità come pura
tecnica vissuta al di fuori di qualsiasi identità, ossia al di fuori dello
stesso essere uomo o donna. C’è un immenso lavoro culturale da fare per educare
a questo senso della natura e della natura umana e spiace dover riconoscere che
dentro la Chiesa e tra le comunità cristiane stesse l’importanza di questo
punto è spesso trascurata.
Questo discorso sulla natura umana è un discorso laico, nel
senso di una ragione restituita a se stessa. Spesso la ragione si perde per
via. Allora è compito della fede intervenire. La fede nel Creatore aiuta la ragione
a guardare meglio la natura. Ma essa lo fa con i propri strumenti, come
ragione. La fede spesso aiuta la laicità ad essere tale. Viceversa: man mano
che si perde la fede nel Creatore, anche la capacità della ragione di leggere
la natura umana come una lingua che esprime un senso si allenta e perfino
muore. Quando questo avviene, la ragione perde i lumi della ragione e non
riconosce più nemmeno le proprie evidenze.
Tornando alla domanda iniziale, si può allora dire che la
Chiesa ha un duplice compito rispetto al creato: riferirlo al Creatore e
sostenere la ragione a vedere la natura, e la natura umana in particolare, come
un messaggio circa cosa significhi essere persona umana. Per questo motivo il
compito della Chiesa è un compito pubblico e non di una sétta di adepti che
cercano una rassicurazione psicologica. Il riferimento al creato e alla natura
umana conferisce alla Chiesa un diritto di cittadinanza a trattare di queste
questioni in pubblico.
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