Intervista al regista
di “11 settembre 1683”, Renzo Martinelli
di Giuseppe Brienza
L’11 aprile è uscito nelle sale italiane “11 settembre
1683”, il film di Renzo Martinelli (Porzûs, Il mercante di pietre, Carnera) che
ricostruisce la battaglia svoltasi quell’anno davanti a Vienna con la sconfitta
delle forze turco-musulmane, in grande superiorità numerica, ad opera di quelle
polacco-asburgico-italiane incaricate di difendere la cristianità europea.
Molte sono le sequenze spettacolari che costellano il film, il quale rievoca
meritoriamente un evento storico poco conosciuto ma significativo per la
vicenda della civiltà occidentale.
La resistenza all’assedio di Vienna riuscì soprattutto grazie all’azione
di mobilitazione del frate cappuccino Marco D’Aviano (1631-1699), al secolo
Carlo Domenico Cristofori che, battagliero animatore della difesa dell’Europa
cristiana seppe, nello stesso tempo, essere conciliante e rispettoso verso
l’avversario. Gli islamici, invece, rappresentati dal gran visir Karà Mustafà,
appaiono nel film fanaticamente orientati a perseguire a tutti i costi la
vittoria finale che li avrebbe portati fino a Roma.
Quali problematiche ed incomprensioni ha dovuto affrontare per
aver trattato un tema così scottante come quello del rapporto fra Islam ed
Occidente. Il suo lavoro è stato criticato.
Il film mi sembra invece molto equilibrato.
Eppure altri settori della cultura cattolica hanno accolto
entusiasticamente “11 settembre 1683”, per esempio lo scrittore Rino Cammilleri
che, sul numero di aprile del “mensile di informazione e formazione
apologetica”, "Il Timone"l’ha definito «film veramente epico, con una
ricostruzione storica impeccabile».
Felice della risposta positiva da parte del mondo cattolico.
E da parte Islamica ha avuto qualche reazione o commento?
Nessuna.
Come nasce il suo interesse per padre Marco d’Aviano, il
francescano cui il Papa fece ricorso nel 1683 per mettere d’accordo i principi
cristiani ed affidare la difesa della capitale dell’Impero, Vienna, ad un
condottiero non d’ascendenze nobiliari ma semplice montanaro come il polacco
Jan Sobieskì?
L’idea è nata, dodici anni fa. Eravamo nella valle del
Vajont e avevamo organizzato una insolita anteprima. Avevamo programmato di
proiettare il film “ Vajont” direttamente sulla pancia della diga. Piccolo
particolare: il giorno precedente la proiezione pioveva a dirotto. Io e il mio
organizzatore generale, Roberto Andreucci, eravamo sotto una tenda militare e
guardavamo costernati il nubifragio. Un tizio, che ancora non conoscevo, mi si
era avvicinato. “ come va dott. Martinelli?” aveva chiesto. “ Non va…”avevo
risposto. "Non c’è problema…” aveva replicato lui seraficamente. “Abbiamo
pregato Padre Marco D’Aviano. domani spiove…”.
L’uomo si chiama Diotisalvi Perin. Grande devoto di Padre
Marco D’Aviano. Incuriosito, avevo telefonato ad un mio amico storico. Era
arrivato un fax: Marco D’Aviano, il difensore della cristianità alla battaglia
di Vienna, il grande sacerdote cristiano che aveva salvato l’Europa
dall’assalto delle truppe mussulmane, il taumaturgo che raccoglieva folle di
venti, trentamila fedeli nelle piazze dove predicava. Ma, soprattutto, era
arrivata una frase che aveva immediatamente acceso la mia curiosità di regista:
un altro Undici Settembre. Il primo. Trecento anni fa….
Ecco. L’idea di “11 Settembre 1683” è nata quella notte.
Nella valle del Vajont. Insieme alla voglia di rappresentare un mondo cristiano
terribilmente simile a quello di oggi: stanco, rassegnato, diviso. Trecentomila
musulmani contro settantamila cristiani.
Una curiosità, come mai ad un certo punto Marco D’Aviano
predicando la difesa dell’Europa cristiana inizia a parlare in tedesco senza
doppiaggio?
E’ accertato che padre Marco alternava italiano e tedesco
nelle sue prediche.
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