venerdì 25 giugno 2010

Retta coscienza e coscienza erronea


Più volte in questa sede si è parlato di uno degli errori scaturiti dall’idealismo prima, dal liberalismo dopo e, ultimamente, dal modernismo. Il ritenere, cioè, che la coscienza umana possa avere una funzione “creatrice”, in relazione alla distinzione tra bene e male.
Il Magistero - supportato dalla migliore filosofia e teologia, patristica e scolastica - insegna che nel sacrario della coscienza si può primariamente udire la voce di Dio, circa il bene da fare ed il male da evitare e, nel momento successivo, la persona decide per mezzo del proprio libero arbitrio se aderire al bene o al male. In nessun caso la coscienza è chiamata a forgiare una propria idea morale privata sulla base di pulsioni o convincimenti soggettivi ed agire in ossequio a questo autonomo giudizio. Anche perché la coscienza è capace di dare giudizi prudenti, se rettamente formata, o giudizi erronei, se in disaccordo con la ragione e la Legge divina e naturale (CCC nn. 1776-1802).
Proprio su queste basi, Stefano Fontana, nuovo direttore di Vita Nuova, propone un’interessante riflessione su cosa sia «la coscienza nel senso cattolico».
Fontana non nega che i temi etici più delicati debbano essere soggetti a «discussione». Nega invece che la discussione porti a concludere che su un particolare tema non ci sia una verità oggettiva, ma una serie di opinioni tutte dello stesso peso. No: la coscienza deve essere umile, razionale e pronta a ricevere da Dio piena «capacità di vero e di bene, che si esprime anche nel cosiddetto buon senso e nella fede dei semplici […] La ragione e la fede servono a questo».
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silvio

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