sabato 13 aprile 2013

Carteggio sull’omosessualità

Che Dio lo perdoni [Giovanni Testori, ndr] e lo abbia in gloria, ma come si fa a dire che l’omosessualità è una colpa? Può essere sentita come una sofferenza, un peso, una tortura, una condanna, ecco una condanna senza averne colpa. Non ritengo che l’omosessualità sia solo questo, naturalmente, ma ci può essere anche questo.

La colpa non la capisco e ragionare così mi sembra al livello di quelle tribù africane che uccidono o condannano all'isolamento chi ha la “colpa” di nascere albino. Può essere sentita come una disgrazia per la solitudine e l'impossibilità di ave una famiglia, dei figli, ma una colpa? Colpa di che? Di esser nati? C’è una poesia di Borges che parla della colpa “de haber nacido”, di esser nati. È di questo che dobbiamo incolpare gli omosessuali?

Anonimo

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Urgono alcune precisazioni magisteriali della Chiesa (reperibili dai catechismi, dalle encicliche, dai concili, ecc...).

L’unica causa della malattia umana, della sofferenza, del dolore e della morte è il peccato. Quello adamitico, quanto alla corruzione della natura umana, quello attuale, quanto ad alcune delle pene che ogni giorno la Provvidenza ci commina a nostra salvezza. È del tutto evidente poi che non ci può essere condanna senza colpa, altrimenti Dio sarebbe un sadico, che distribuisce a capriccio pene e castighi.

Nel peccato Dio non ha parte alcuna, perché è legato alla libera scelta dell’uomo (arbitrio). Tantomeno Dio è responsabile delle conseguenze del peccato (dolore, vecchiaia, tristezza, morte), avendo creato l’uomo immortale, bello, sano, sapiente e felice.

Gli omosessuali, come tutti, non sono esenti dalla colpa adamitica, da quella attuale e dalle relative conseguenze che, in genere, sono appannaggio di ognuno (i summenzionati dolore, vecchiaia, tristezza e morte). Gli omosessuali non costituiscono, cioè, una categoria a parte di gaudenti privilegiati - figurarsi! - esenti da colpe o responsabilità, santi belli e buoni. Tutti colpevoli dinnanzi a Dio, dunque. Omosessuali inclusi.

Ma l’omosessualità è una pena? Per l’Antico e per il Nuovo Testamento certamente sì. È, anzi, un abominio. San Paolo specifica meglio: tutti i peccati sono esterni alla carne, eccetto quelli legati alla lussuria e alla libidine. Questi sono interni e disonorano la persona in modo speciale. L’Apostolo vi ritorna in più passi.

Sull’omosessualità, come pena, san Paolo è molto chiaro, ad esempio in Rom 1, 24-28.32: «Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno. [...] E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa».

Su questi insegnamenti il Catechismo della Chiesa Cattolica così si esprime: «Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati». (n.2357)

Dunque le relazioni omosessuali - così insegna la Chiesa - sono «gravi depravazioni». Non parla di malattia. Non la dichiara e non la esclude, perché «la sua genesi psichica [dell’omosessualità] rimane in gran parte inspiegabile» (n.2357). In ogni caso la depravazione è sinonimo di pervertimento (Dizionario Devoto-Oli) e cioè di «capovolgimento parziale o totale dell’ordine naturale, morale, estetico» (sempre Devoto-Oli). Non una cosetta da nulla.

Nel passo precedente - lo sottolineo - san Paolo parla dell’omosessualità come di «rapporti contro natura», «passioni infami», «atti ignominiosi», «traviamento». Si può accusare san Paolo di tutto, tranne di non essere stato chiaro. L’Apostolo parla, inoltre, di «punizione» e la punizione è conseguenza di una colpa, a meno che Dio non si diverta a distribuire sofferenze a casaccio.

Bisogna rassegnarsi e farsene una ragione: non tutti pendono dalle labbra di Borges, preferendo magari qualcuno un tantino più autorevole, come non tutti gli omosessuali prendono famiglia e adottano figli, mentendo prima di tutto a se stessi.

Silvio Brachetta

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Bravo, Silvio. bisogna ricordare la verità sempre. Quando è opportuno e quando non è opportuno, in special modo oggi che si vive nel tempo dell'oblìo della ragione.

Tuo lettore.

Riccardo J.

silvio ha detto...

Grazie Riccardo per le tue parole di edificazione.

Anonimo ha detto...

Omosessuale non è chi compie atti omosessuali, come fosse una libera scelta. L'omosessualità non è una caratteristica che si acquisisce o che si sceglie, ma che si ha dalla nascita e quindi non condannabile. Non si condanna uno perchè è albino, dicevo, o perchè è biondo o grasso o ebreo ecc. Se Testori considerava una colpa l'essere nato omosessuale allora era un sadico, come giustamente lei dice ,perchè non vi è colpa dove non vi è volontà. A questo mi ribellavo, e per questo ho scritto: la ritengo una opinione ingiusta e aberrante. Si riferiva forse agli atti omosessuali vedendoli come mera genitalità? Mi pare banale e ingenuo, perchè la affettività non si esplica necessariamente come genitalità. Sarà stata una sua incapacità di vincere la pulsione fisica? Questa è un'altra cosa ma non mi pare che di questo si trattasse nell'articolo, e comunque se ne potrebbe parlare. Per finire: la psicologia umana ha fatto progressi dai tempi del Levitico, di cui San Paolo reca esempio. Anche l'occhio per occhio è stato reinterpretato e superato, non vedo perchè si continui a vedere l'omosessualità come una scelta. Discorsi del genere li possono fare solo chi non conosce intimamente cosa significa essere omosessuali.

Anonimo ha detto...

Perchè parlare di Borges con quella sufficienza? Lei crede che sia una colpa essere nati omosessuali? Una colpa "haber nacido"? È come dire: sarebbe meglio che non foste mai nati,anzi sparite dalla faccia della terra! È questo che intende?

silvio ha detto...

Lei continua a parlare per opinioni personali... che le posso dire?
Questo sito ritiene - senza offesa - la doxa, l'opinione, "un gioco da bambini" (come diceva Eraclito).
Vedo che c'è un grosso malinteso: qui si persegue l'episteme, siamo disinteressati alla doxa...
Poi mi richiede se essere nati omosessuali sia una colpa. Ma ha letto quanto ho scritto? Ho già risposto. Lei crede... - io non credo nulla: le ho riportato il Magistero della Chiesa.
Che ne pensa lei piuttosto del Magistero, di san Paolo, delle Scritture?

Anonimo ha detto...

Vedo che usiamo lingue diverse. Non ci si capisce proprio. La pregavo di considerare i fatti,la realtà. Lei non ha risposto a niente di quanto ho scritto. Perdiamo tempo entrambi. Da molto tempo gli unici commenti apparsi su questo sito erano i miei,perchè ritenevo che ci fossero molti punti in comune tra di noi. Vedo che c'è ne sono maggiori che ci dividono. Buon viaggio

silvio ha detto...

Ho risposto pienamente alle sue domande, ma le mie risposte non sono quelle che le sarebbe piaciuto sentire.
I fatti e la realtà sono questi, anche se non le piacciono: per la Chiesa e per me le relazioni omosessuali sono «gravi depravazioni». Non è chiaro?
Morte e depravazione ci sono in seguito alla colpa adamitica e attuale: non ho risposto? Le uniche risposte che latitano sono le sue su Magistero, san Paolo e Scritture.