mercoledì 9 gennaio 2013

La crisi del Sacramento della Penitenza


di Giovanni Cavalcoli

Uno degli aspetti preoccupanti della situazione ecclesiale da alcuni decenni a questa parte è, come lo sappiamo bene soprattutto noi sacerdoti, il calo impressionante dell’accesso dei fedeli al Sacramento della Penitenza.
Io che confesso da quasi quarant’anni, conosco bene questo fenomeno macroscopico. Ma il guaio è che quei pochi penitenti, che ancora si accostano al Sacramento, sono soprattutto anziani, i quali, benché educati nella fede da fanciulli, hanno dimenticato il senso e il valore del Sacramento per una radicata cattiva abitudine o intorpidimento della coscienza, scambiando il confessionale per i luoghi più diversi e più strani, che poco o nulla hanno a che vedere con l’accusa e la remissione dei propri peccati: ora il confessionale sembra l’occasione per lamentarsi di torti subìti e peccati commessi dagli altri, o magari commessi in gioventù e da lungo tempo cancellati, ora un’occasione per esporre le proprie sofferenze e i propri problemi, ora scambiandolo per una specie di ufficio reclami o per lo studio di un avvocato, ora prendendo il confessore per uno psicologo al quale esporre le proprie angosce, i propri incubi, le proprie paure, i propri turbamenti, ora prendendo occasione dal confessionale per discussioni di tipo morale, politico, filosofico o teologico, o per elencare le proprie opere buone, quasi sperando di ottenere con ciò le lodi dal confessore, o per fare della maldicenza o per sfogare la propria aggressività o, bene che vada, per fare una chiacchieratina col prete o per raccontargli che cosa è capitato nel giorno prima o per dire semplicemente che non si è fatto nessun peccato, neppure veniale, e magari si tratta di persone che non vengono a confessarsi da un anno o poco meno o anche più. [leggi tutto]

© Libertà e Persona

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