Al secolo Élisabeth Catez, la
beata carmelitana francese Élisabeth de la Trinité -
Elisabetta della Trinità (1880-1906) - fino all’età di sette anni «aveva
frequenti eccessi di collera e scatti d’ira». Non solo, ma «era intransigente
senza lasciare possibilità di replica» e «a volte sbatteva la porta, poi la
calciava e la percuoteva con i pugni». Addirittura, «urlando e facendo scenate,
voleva ottenere a tutti i costi la realizzazione dei suoi desideri». Così Jan Krzysztof Miczyński, teologo e sacerdote polacco,
ritrae la piccola esuberante Élisabeth in un suo studio sulla futura beata
(cfr. La cristologia esistenziale nell’esperienza
e nella dottrina di Elisabetta della Trinità, Ed. Gregoriana, Roma 2005).
Miczyński, citando il frate carmelitano Juan De Bono (in Elisabetta della Trinità, LEV,
Città del Vaticano 2002, p.87), racconta anche di quando Élisabeth, privata
della sua bambola, gridò all’indirizzo di un sacerdote, durante una S.
Messa: «Brutto parroco cattivo, ridammi la mia Jeannette! [la bambola,
appunto]». L’epilogo fu tempestoso: «continuava a urlare, si dibatteva e
lanciava sguardi furibondi al celebrante; per farla tacere fu necessario
trascinarla a forza fuori dalla chiesa» (cit.
p.64). Insomma, «era testarda e capricciosa, spesso giudicava» le persone. [leggi
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© Il Settimanale di
Padre Pio
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